Quanti autori, e pure celebri, hanno dedicato i loro versi e i loro pensieri a Portici, il giardino di Napoli mentre per me, inconsapevolmente, Portici era solo il mare. Quanti ricordi da bambino con i miei genitori…andare ai bagni di Portici…attraversavo la storia e non lo sapevo.
Portici, una ridente cittadina sul versante ovest del Vesuvio, nella cosiddetta zona Rossa: in caso di eruzione del Vesuvio, la popolazione sarebbe ospitata dalla regione Piemonte. Comune popolatissimo (circa 54 mila abitanti su una superficie di 4,6 Kmq), è il secondo comune con maggiore densità di popolazione d’Italia.
Il Santo Patrono è S.Ciro che si festeggia il 31 gennaio.

E’ un centro di origine medievale, il cui nome (documentato da 728) si fa derivare dal porto di Ercolano,da una villa di Quinto Porzio Aquila (da qui l’aquila e le iniziali QPA nello stemma) o, meglio, dai vicini portici del Foro di Ercolano. Fu feudo dei Caracciolo e dei Carafa, ma conserva solo poche strutture precedenti l’eruzione del 1631 che devastò l’abitato; risorte dalle rovine, nel 1699 si riscattò dal feudalesimo. Le testimonianze più consistenti del passato risalgono al periodo borbonico, allorchè l’edificazione del Palazzo Reale, voluto da Carlo di Borbone (1738), rinvigorì la tendenza dell’aristocrazia napoletana alla costruzione di ville e casini per la villeggiatura nel suo territorio; per questo fu ampliata nel 1755 la strada per Napoli e costruito nel 1773 il porto. Nel 1799 fu teatro di feroci lotte tra sanfedisti e repubblicani chiusi nel forte del Granatello. Venne collegata con Napoli tramite la prima linea ferroviaria aperta in Italia, che fu inaugurata il 3 ottobre 1839. Oggi Portici ospita il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa.
Piazza S. Ciro, al termine di Corso Garibaldi, è il centro di Portici e vi prospetta la chiesa parrocchiale di S. Maria della Natività e di S. Ciro, rifatta nella prima metà del ‘600 e ampliata nel 1740-58.
La zona alle spalle della Chiesa corrisponde alla parte più antica della città, con piccole e tortuose stradine popolate di bancarelle. Al numero 49 di Via Marconi è la villa Meola, costruita per Carlo Danza (1724) e attribuita a Domenico Antonio Vaccaro, delizioso esempio di roccocò napoletano con scenografica scala aperta sul giardino; in via Arlotta 42 è il palazzo Perrelli, uno dei più antichi della zona, trasformato in forme neoclassiche.
Lungo Corso Garibaldi troviamo numerose ville: la Nava (ricostruita nel XIX sec.), villa Lauro-Lancellotti (1776), villa Buono ( XVIII-XIX sec.); villa della Riccia, villa Menna (1742), palazzo Ruffo di Bagnara (1720), villa Scocchero, villa Savonarola, villa Bideri, villa Gallo.

In questa zona è ora presente il Centro Ricerche dell’ENEA che dal 2013 ospita anche l’Istituto per i Materiali Compositi e Biomedici (IMCB) del CNR e il Centro Ricerche Tartarughe Marine della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.
Oltre il passaggio a livello si va a villa d’Elboeuf, rivolta al mare, sopraelevata di due piani e caratterizzata da altrettante aeree scalinate esterne che conducono al piano nobile; fu costruita nel 1711 da Ferdinando Sanfelice per il principe d’Elbouef, quel Emanuele Maurizio di Lorena che per primo condusse scavi a Ercolano; quasi al livello del mare, tra le scale, sono i resti, molto degradati dei bagni della Regina, costruzione neoclassica voluta da Ferdinando IV.
Ancora Villa Fernandes su via Diaz, villa Caposele, villa Mascolo (con uno splendido anfiteatro), villa Zelo.
Bellavista, invece, è una zona più a monte di piazza S. Ciro e fino a metà ‘900 un frequentato luogo di villeggiatura; tra le ville settecentesche e liberty, si segnala, in via Gravina n. 8, la Orsini di Gravina, sede del collegio Landriani, che venne eretta da Ignazio Pinto a metà sec. XVIII per Giuseppe Lecce.
Come si può notare in pochi chilometri quadrati ci sono secoli di storia, cultura, arte che fanno di Portici un capolavoro del Miglio d’Oro.
D’ ‘a cchiesia ‘e san Pascale ‘a campana, ca sona
cu nu suono argentino a mmatutino,
a poppa e a prora sceta chi dorme ancora
ncopp’ ‘o vuzzo e ’o vasciello d’ ‘o Granatiello.
E, tutto nzieme, se sente na voce: «Ccà sta Teresenella ‘a purticesa!
Ddoje pe nu rano ‘e purtualle doce!
E so’ meglio d’ ‘e fravule ‘e cerase!…»
‘A campana d’ ‘a cchiesa mo sona — cu nu suono ca fa malincunia — l’avummaria.
Sciso è int’a ll’onne ‘o sole
— e s’annasconne:
‘a vela ‘e nu vasciello pare ca luce, ncopp’ ‘o cielo d’oro d’ ‘o Granatiello…
E, int’ ‘o silenzio, se sente na voce:
«Ccà sta Teresenella ‘a purticese!
Ddoje pe nu rano ‘e purtualle doce!
E so’ meglio d’ ‘e fravule ‘e cerase!..».
“Davanti agli occhi Portici, la città che si disse era il giardino di Napoli, adesso esibiva finestre murate che gridavano ancora la grazia di un Settecento dai sorrisi spenti”. (Ruggero Cappuccio)
“Stenda pure la immensa Capitale le sue braccia, e stringa a se questa contrada. Portici non deporrà mai la sua sembianza sì incantevole; la sembianza che ti desta tanti pensieri, tanta gioia, e tante rimembranze. Il lusso e la moda trasformino pure i suoi campi, alzin dovunque simmetrici edifizî. Finché il Vesuvio starà, questo sarà sempre il lido della poesìa”. (Cesare Malpica).
Carmine Schiavo