Ci sono luoghi che sembrano nati dalle parole dei poeti, alcuni di essi scoperti proprio dalla lettura, restano per sempre nell’immaginario di molti. Le pagine raccontano impaesando il lettore nei luoghi percorsi, regalando pezzi di mondo a volte irraggiungibili.
Abbiamo incontrato le parole di un giovane autore, Gerardo Manfellotti, con lui abbiamo percorso un luogo antico, un cammino dai paesaggi mozzafiato.
Il Petraio
Cinquecentotre gradini che dalla collina del Vomero ( Via Caccavello), attraverso il borgo del Petraio, arrivano fino al Corso Vittorio Emanuele. Un percorso ricco di scorci suggestivi, balconi fioriti, vigneti, agrumeti e grandi orti nascosti. Si racconta che il nome Petraio (il suo nome più antico era, in realtà, imbrecciata ma il significato è lo stesso), non derivi da una cava di pietre ma da un luogo formatosi naturalmente dallo scorrere delle acque di un antico torrente. Le piogge alluvionali incanalavano ciottoli e pietrame formando il letto dell’attuale discesa. Oggi il borgo è abitato da molte famiglie, nonostante le difficoltà logistiche date dalla naturale conformazione che rende poco agevoli i collegamenti. Una lunga scalinata con corrimano centrale apre una lunga lingua in mezzo al tufo. Sui lati una serie di edifici: villette in stile liberty e abitazioni spartane si mescolano replicando l’eterno contrasto della città. Sullo sfondo, spicca nel suo colore rosso, sulla collina di Pizzofalcone, la caserma Nino Bixio.
L’Autore di “Come sirene”, Gerardo Manfellotti, nasce a Napoli nel 1989. Si laurea in Scienze della Mediazione Linguistica presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Consegue la laurea magistrale in Interpretazione di Conferenza presso l’Università di Trieste. Sceglie di trasferirsi a Firenze, dopo concorso a cattedra 2016, e poi a Campi Bisenzio, dove vive. Attualmente lavora a Signa come docente di lingua inglese.
Ama la lettura e la letteratura di ogni lingua, e scrive: poesia tanta quanta ne comanda il cuore, prosa meno o quanto basta per campar felice.
Come sirene
Scivolano in acqua, come sirene, a Partenope, i gradini la cui vita riprende a fatica, la fatica di chi sale, di chi sale queste scale tra foglie di mirto. Li bacia la fortuna d’avere una finestra su un mondo antico, l’ultima città antica, e un mondo moderno che la modernità rifugge. Le tracce si conservano in questo luogo d’un mondo ch’è come il passo di chi li ritrova, sospeso tra un gradino e l’altro, a viver senza fretta tra il vecchio e il nuovo.
Le pareti ruzzolano giù con chi le percorre, respirano e trasudano la storia di chi c’è, di chi le sale ogni giorno, di chi se ne serve per tornare a casa, di chi con lena affannosa le corre, e di chi estasiato le contempla per conservarne negli occhi, chiudendoli, il ricordo, il profumo.
Arriva uno slargo e toh! Un vecchio beve avidamente un giornale, una signora legge sonnecchiando un caffè, un papà cuoce irrequieto una palla e un bimbo pippiando tira calci a un ragù. Entusiasta in tumulto, Napoli vive in gioiosa confusione su scale, tra scale in tumulto; in tumulto ronza chi dorme nella città che il giorno vive giù da questi gradini, con calma, ‘ca flemma vive chi corre nella città che s’addormenta ‘ncantata la notte giù da questi gradini.
Le pietre scorrono giù da queste scale, giù dal Petraio corre la vita che qua è nu cuncierto ‘e culure e o’ core se ‘ncanta a guardarla.
Lucia Montanaro e Carmine Schiavo