Era il 1930 quando Raffaele Viviani, turbato da una morte bianca, scrive la poesia Fravecature. Siamo in pieno regime fascista e toccare alcuni temi che erano «contrari ai criteri educativi e morali» del fascismo poteva costare la libertà.

Sono passati ottantotto anni e niente sembra cambiato. Secondo l’Osservatorio Indipendente di Bologna, dal 1° Gennaio 2018 ad oggi sono già 149 i morti sui luoghi di lavoro in Italia.

Sono napoletani gli ultimi due che hanno perso la vita sul posto di lavoro, quel lavoro che come tante altre persone del sud hanno trovato soltanto lontano da casa e dagli affetti familiari.

Carmine Cerullo aveva 56 anni. Era un tecnico ed è morto folgorato mentre interveniva su una linea elettrica ferroviaria nel bolognese.

Nunzio Industria, operaio, ne aveva 52 di anni. Come Ruoppolo nella poesia di Raffaele Viviani, è caduto da un’altezza di circa 4 metri mentre stava lavorando a un traliccio telefonico in provincia di Firenze.

Nel 2017 i morti sul lavoro sono stati 1029, nel 2016 1.104 e nel 2015 1286. Gli ultimi terribili episodi raccontano un dramma che sembra non avere fine e che tocca in lungo e in largo tutto il paese.

Oggi più che mai il mondo politico è impegnato a creare nuovo impiego, trascurando ancora una volta la sicurezza sul lavoro, mai tra le priorità nelle agende dei nostri politici.

Bisogna porre fine a questo dramma ancora attuale, così che il luogo di lavoro possa  “essere luogo di vita e di crescita” e non “una fabbrica di morte, di vedove e di orfani“.

Carmine Schiavo