I napoletani, sospesi a viver senza fretta tra vecchio e nuovo, ‘oziano’ tra vecchie abitudini che tornano nuove idee e parlano di generosità.
Tra i vicoli di Materdei, Sofia Loren vende ‘l’oro giallo’ di Napoli, la pizza fritta, “a ogge a otto [giorni]”. Ed è per generosità che il caffè sta sospeso: tutti devono poter godere del suo aroma a Napoli. Nella città che trasuda fame e miseria tra le macerie della seconda guerra mondiale, la gente sparge sorrisi che hanno il colore castagna della bevanda in tazza bianca. E così “a piacere vuoste”, chi può e vuole paga un caffè di più di quanti ne beve per chi non può permetterselo. Il tempo nella città in bilico tra cielo e mare, e distesa al sole del golfo, sosta all’ora di un caffè: che non è una bevanda, ma un modo di vivere, un’idea, un momento dell’essere, napoletani e nient’altro, o forse ora non soltanto.
Accade che a Napoli, tra i centri più bombardati del secondo conflitto mondiale dove le catacombe diventano rifugi, si perdano le tracce di Santa Chiara e si ritrovino quelle dell’umanità, celate da una fitta coltre d’odio e polvere. Accade a Napoli che si diffonda una pratica, quella del caffè sospeso, che valica il tempo e lo spazio, che diventa pizza sospesa, poi gelato, infine libro. Accade che Napoli diventi Palermo e Polla (Salerno), un’associazione (Salvamamme), poi l’Italia tutta, infine il mondo intero. Accade che occorra un momento (di condivisione e altruismo) per essere napoletani, o spagnoli, francesi, britannici, bulgari, greci, belgi, finlandesi, russi e che in tutte queste terre il caffè, o chi per esso, stia sospeso. Perché il mondo, il nostro mondo, tutto il mondo, quello buono, sosta all’ora di un caffè.
E’ lo stesso aroma della Napoli verace, aggrappata a un vivere antico, la stessa voce argentina di Sofia che urla contro la frenesia del mondo moderno a permeare questi pochi versi di Gerardo Manfellotti:
L’ultimo grido di chi aspetta
Presto che il mondo torni alla rovescia
L’ostinato urlo di chi vive senza fretta
Di chi il mondo s’è fermato, e cchiu nun se ne esce
Perché sape a duro aggiustare
A guisa ‘e chi fa o’ re
Tutto il mondo il nostro mondo da cambiare
Tanto il nostro tempo sosta all’ora d’un caffè
Strilla il passante il viandante il mercante
Napoli chiagne ‘a pioggia
che bagna il gigante
Lì dove pur il sol si poggia
Se ammesca a lacrime dal cielo urlo straziante
Napoli grida invano, allucca a chi nun sente
Tutto fiato aspettando il governante
Perché strappi l’udito a chi nun fotte ‘e niente
Carmine Schiavo