A Napoli con un anticipo di alcune ore sull’entrata in vigore della legge Merlin, fin dalla tarda sera di ieri, tutte le 32 case chiuse di Napoli e le altre otto della provincia (2 a Nola, 4 Torre Annunziata , 2 a Castellammare di Stabia), avevano smobilitato. 343 ex pensionanti, quindi, dovrebbero da stamane cominciare una nuova vita. Per dovere di cronaca, riferiamo che, spinti dalla curiosità, gruppetti di giovani sostavano ieri sera nei pressi dei cessati esercizi, commentando l’avvenimento”(Il Mattino 20 settembre 1958).

Sessantadue anni fa, il 20 febbraio 1958, veniva approvata in via definitiva la legge Merlin, che proibiva l’attività dei «casini» o case di tolleranza. Ci vollero esattamente sette mesi per dare corso alla legge: il 20 settembre 1958, vennero definitivamente chiuse le case. Ancora oggi è aperto il dibattito sulla genuinità del provvedimento, ancora si sentono nell’aria rigurgiti di malinconia e avanzano ipotesi di proposte di legge indirizzate alla riapertura delle case. Sarà bene ricordare che quelle d’allora, qualunque cosa raccontino i nostalgici, erano delle vere e proprie carceri. Lo documentano le lettere che, all’epoca, le signorine delle case scrivevano alla senatrice Lina Merlin perché non demordesse dalla sua battaglia.

La regolamentazione del sesso a pagamento in Italia è durata parecchi decenni. Cavour nel 1859 autorizzò l’apertura di case controllate dallo Stato per l’esercizio della prostituzione in Lombardia. L’anno successivo il decreto divenne legge. Nacquero le “case di tolleranza” (perché tollerate dallo Stato) di 3 categorie: prima, seconda e terza. Furono fissate le tariffe, la necessità di una licenza per aprire una casa, le tasse da pagare e istituiti controlli medici sulle prostitute per contenere le malattie veneree. ”In realtà i controlli erano sporadici e soggetti a pressioni di ogni genere da parte dei tenutari, specialmente al fine di impedire di vedersi ritirata la licenza per la gestione dell’attività.”

Nel 1888, secondo la legge Crispi, all’interno delle case di tolleranza era vietato vendere cibo e bevande, fare feste, balli e canti. Non si potevano aprire case di tolleranza in prossimità di luoghi di culto, asili e scuole. Le persiane dovevano restare chiuse (da qui il nome “case chiuse”).

Il 20 settembre del 1958 finì l’epoca dell’Italia dove la donna poteva essere mercificata da una sorta di “Stato complice”. Finì un’industria che contava centinaia di case e migliaia di prostituite che praticavano prevalentemente per motivi legati a miseria, sciagure familiari, malattie e punizioni patriarcali che producevano fatturati di miliardi di lire in ‘marchette’ (gettoni che davano ai clienti il diritto assoluto su una “signorina”). Le lavoratrici dovevano garantire un certo numero di rapporti quotidiani (superiore ai 30), avevano orari incalzanti. Quasi nessuna ragazza godeva di una stanza singola, e a volte nemmeno di un proprio materasso.

La senatrice Merlin impiegò 10 anni di lotte per far passare la legge sull’abolizione della regolamentazione della prostituzione e dopo lunghe discussioni in Parlamento contro un costume più che radicato, riuscì nel suo intento. Si chiuse, in quel settembre del 1958, un’epoca contrassegnata dalla totale mancanza di rispetto e dignità verso tutte le donne. Non fu un percorso semplice per il testo voluto dalla senatrice socialista una delle 21 “madri costituenti”, che contestualmente introduceva i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. A votarla, alla fine, fu un fronte trasversale composto da Democrazia Cristiana, Partito comunista, socialisti e repubblicani. Votarono contro invece monarchici, Msi, Pli e socialdemocratici.

A Napoli erano tanti i luoghi dove si svolgeva il mestiere più antico del mondo e fino al 1958 si contavano più di 900 case di tolleranza. La capitale del Mezzogiorno era prosperosa di bordelli adatti a tutte le tasche, le tariffe praticate (le famose “marchette”) andavano dalle 200 lire delle case di lusso alle 50 lire nei bordelli di paese.  Dai Quartieri Spagnoli a Via Chiaia sorgeva il quartiere a luci rosse più grande d’Europa.

Lo storico Bordello di Salita S. Anna di Palazzo , “La Suprema”,  è la casa di Tolleranza meglio conservata della città, le stanze del casino sono state attualmente annesse dall’hotel Chiaja Hotel De Charme, che ne conserva il ricordo.

Settembre 1958

Sono ormai sei mesi, che la legge Merlin è entrata in vigore; ma solo da ieri 20 settembre, con l’apertura delle ultime persiane ancora chiuse, è cominciata la lunga della legge Merlin. Una guerra, guerreggiata ogni giorno, alla luce del giorno e nella penombra della notte tra i poliziotti, impotenti ad operare con energia e decisione, e le professioniste dell’amore. Una battaglia, codesta, combattuta, da una parte e dall’altra, intorno alla <<trincea>> dell’articolo 5. Ieri dunque si sono chiusi gli ultimi <<ostelli>> del piacere, dove ancora echeggiava il canto del sangue dei più giovani e la raucedine sensuale dei più vecchi.”( dal ROMA del 21 settembre 1958 Marcello Zanfagna )

 “Non chiamatele prostitute; sono donne che amano male perché furono male amate”, disse per difendere la sua legge Lina Merlin.

Piena applicazione della legge Merlin. Chiuse le case le ospiti in libertà, una scarsissima percentuale accettato l’invito di entrare nelle case di rieducazione previste dal provvedimento. Il fatto nuovo è avvenuto alla mezzanotte. Le catenelle che tenevano serrate le residue persiane chiuse sono saltate, e le donne per cui il sole non filtrava mai attraverso le finestre, si sono abbandonate ad autentici baccanali. La chiusura delle case è avvenuta in un clima di euforia. Le pensioni ancora funzionanti al centro di Roma hanno registrato nell’ultima giornata di attività incassi che erano stati toccati soltanto nel periodo successivo all’ingresso nella città delle truppe alleate. In qualche caso i clienti Hanno dovuto adattarsi a fare la coda per dare l’addio ad una delle più floride attività nazionali.” (dal Mattino del 21 settembre 1958 Luigi Forni)

In Italia le case chiuse non possono essere riaperte. Allo stato dei fatti è impossibile. L’Italia infatti, nel 1949 ha firmato una convenzione con le Nazioni Unite a cui aderisce in maniera piena e attiva. Stando alla convenzione deve essere punito qualsiasi soggetto che adesca e sfrutta un’altra persona anche se consenziente. L’articolo 2 di questa convenzione, inoltre, sostiene che non si possono gestire case chiuse o bordelli.

 Nonostante ciò, Il fenomeno della mercificazione è riuscito a sopravvivere tanto alla legge Merlin quanto alla convenzione con le Nazioni Unite.  Il dibattito resta in fermento e divide l’opinione pubblica. Molti infatti ancora ritengono che, se la prostituzione viene comunque praticata, tanto meglio sarebbe renderla legale e guadagnarci su qualcosa. Ma a rifletterci bene, sono molte le cose che pur esistenti, non potranno mai essere autorizzate o giustificate.

Un furto, sebbene molto comune , non potrà mai essere né giustificato, né legalizzato, perché allora dovremmo autorizzare e tutelare un furto di dignità?

La chiusura delle case non ha purtroppo risolto i problemi legati allo sfruttamento delle donne, ma un atto dovuto da parte di uno Stato che non può in nessun modo essere complice e pappone. La strada è ancora  tutta in salita ma le energie da spendere dovrebbero essere tutte rivolte a salvaguardare l’integrità della dignità umana e non a “nascondere” dietro persiane chiuse quel che si spera di occultare.

Lucia Montanaro Carmine Schiavo