Ancora una strada di periferia, questa volta a Barra, Napoli est. Cinque palazzoni nel rione Cavour sui quali scrivere e colorare arte, messaggi e suggestioni. Lo hanno fatto cinque artisti internazionali della street art. Dal Cile all’Italia, dal Perù a Napoli. 

Il primo murale realizzato ha la firma inconfondibile di Jorit Agoch, due fasce rosse segno dell’appartenenza alla tribù umana sul volto di Martin Luther King. Bello e imponente il ritratto dell’attivista dei diritti degli afroamericani, domina la facciata della palazzina centrale di fronte la Circumvesuviana di Barra. Il suo messaggio I have a dream è più potente che mai, in una periferia troppo spesso dimenticata dalle istituzioni.

Prima di realizzarlo, Jorit su Instagram aveva chiesto ai suoi followers di scrivere il loro di sogno e aveva poi riportato i più belli sul muro dell’edificio. I sogni sono poi stati coperti dall’opera definitiva che ne ha trattenuto tutta la loro forza.

Realizzato con la Fondazione Banco di Napoli in collaborazione con associazioni che lavorano sul territorio come la cooperativa Il tappeto di Iqbal. La coperativa organizza per bambini e adolescenti della zona una serie di attività, come il circo e il teatro e ha coinvolto gli alunni di tre scuole di Napoli Est: quelli della Rodinò a Barra, della Vittorino da Feltre e dell’istituto Cavalcanti di San Giovanni a Teduccio. I ragazzi, che hanno lavorato a contatto con gli artisti Luigi Russo, Mario Di Matola e Fabio De Angeli, hanno affrontato tematiche delicate come il razzismo e l’inclusione.

I progetti di collaborazione, interrotti per l’emergenza Coronavirus, sono stati condotti a termine grazie alla @fondazionejorit .  

L’opera capofila, quella più vicina all’incrocio con via Egidio Velotti è dedicata a Salvador Allende, già presidente della repubblica del Cile, morto nel 1973 durante un colpo di Stato militare. Non è un caso che Jorit abbia voluto raffigurare il presidente Cileno in un quartiere definito “a rischio” come quello della periferia orientale di Napoli. Come simbolo di lotta, speranza, ma soprattutto di uguaglianza. L’opera è composta da tre parti. Al centro il volto di Allende a firma Jorit, la parte superiore e quella inferiore di  Momo Gonzalez; una la riproduzione del primo murales tracciato quando Allende trionfa il 6 settembre 1970 e l’altra parte un omaggio ai tre massacrati dalla dittatura – Guerrero, Parada, Nattino – in omaggio ai detenuti, uccisi, scomparsi e perseguitati durante la dittatura per lottare per un Cile più giusto.

A seguire il secondo murales raffigura Lo sguardo di un bambino che guarda da una toppaIl viso è coperto dalla Kefiah, il tradizionale capo di abbigliamento diventato il simbolo della resistenza dei palestinesi all’occupazione degli stranieri. Alla realizzazione hanno partecipato Tre artisti, Jorit che ha disegnato Il bambino che guarda dalla toppa, il peruviano calaveras_art la cornice, mentre il napoletano Tukios ha disegnato il bambino a terra.

L’artista cileno Inti chiude la serie di opere nella parte destra degli edifici con «Polvere di stelle». Nel murale è ritratta una persona con il capo ricoperto da un velo. E’ un invito a guardare senza pregiudizi. Guardare ad occhio nudo, senza placebo né aspirine metafisiche. Guardare senza dogma, senza voler riposare su grandi verità. Guardare senza risposte facili che calmino i dubbi, impediscano di vedere la poesia nell’incerto e nel piccolo del nostro posto nella natura, si legge in un post dell’artista.

C’è ancora una facciata da scrivere e si intravedono impalcature già pronte a iniziare, si sussurra di un nuovo Jorit e noi non possiamo che sperarlo, aspettando con il fiato sospeso di alzare gli occhi per stupirci ancora.

Lucia Montanaro e Carmine Schiavo