Fernanda Zuppini – Napoliflash24 – Giornale di informazione su Napoli e Campania https://www.napoliflash24.it Napoliflash24: notizie di cronoca, attualità, politica, news, eventi, spettacoli, sport, calcio, cucina e lavoro. Segui il giornale della città di Napoli. Thu, 03 Jun 2021 00:00:20 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.7.2 Antichi Mestieri di Napoli: lo scrivano pubblico https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-lo-scrivano-pubblico/ https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-lo-scrivano-pubblico/#respond Thu, 03 Jun 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34594 Antichi Mestieri di Napoli: lo scrivano pubblico La figura dello scrivano occupava, nella società del suo tempo, una posizione di rilievo in quanto, proveniente dal ceto medio, svolgeva una attività considerata di un certo prestigio e abbastanza ben remunerata. In realtà si trattava di un guadagno abbastanza modesto ma, agli occhi del popolo, questo personaggio, […]

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Antichi Mestieri di Napoli: lo scrivano pubblico

La figura dello scrivano occupava, nella società del suo tempo, una posizione di rilievo in quanto, proveniente dal ceto medio, svolgeva una attività considerata di un certo prestigio e abbastanza ben remunerata.
In realtà si trattava di un guadagno abbastanza modesto ma, agli occhi del popolo, questo personaggio, gerarchicamente, personificava l’impiegato ben vestito da tutti rispettato, anche se, sopra la giacca, indossava delle mezze maniche con l’elastico, per non macchiare di inchiostro la camicia.

totò SCRIVANO
A questo proposito, la tradizione narra che, quando ancora non c’era la macchina da scrivere, l’impiegato comunale veniva talvolta deriso e chiamato con l’appellativo di mezze maniche, che erano diventate sinonimo di povero diavolo (in piemontese Travet dal personaggio di una commedia dialettale, diventata famosa per l’interpretazione di Carlo Campanini)
Giulio Mendozza, nel suo elenco dei vecchi mestieri, lo descrive con la sua bancarella, il bancariello, per strada, mentre, in cambio di una piccola cifra, scriveva e leggeva lettere per gli analfabeti che, una volta, costituivano una buona parte della popolazione.

SCRIVANO
Questo mestiere, ormai del tutto scomparso, testimonia il basso livello culturale esistente, non solo a Napoli, ma in quasi tutto il territorio italiano e, in parte, anche europeo.

Fernanda Zuppini

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“Voce ‘e notte”: le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-commentate-unamica-piemontese-2/ https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-commentate-unamica-piemontese-2/#respond Thu, 03 Jun 2021 17:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=35773 Voce ‘e notte: le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese Questa canzone, che fa venire i brividi per la sua intensità e la forte carica emotiva, ha fatto sognare alcune generazioni di innamorati, diventando il leit-motiv di molte serate estive in riva al mare e la testimone di tanti bei momenti […]

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Voce ‘e notte: le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese

Questa canzone, che fa venire i brividi per la sua intensità e la forte carica emotiva, ha fatto sognare alcune generazioni di innamorati, diventando il leit-motiv di molte serate estive in riva al mare e la testimone di tanti bei momenti vissuti quando eravamo ancora giovani e senza pensieri.
La propongo nella mia versione preferita, forse meno tradizionale, ma capace di suscitare grandi emozioni, cantata da Peppino Di Capri nel 1959.
Il testo poetico, molto più antico, è stato composto ai primi del ‘900 dal giovane poeta Eduardo Nicolardi, musicato poi da Ernesto De Curtis e pubblicato come canzone nel 1904.
Il brano, autobiografico, racconta di un uomo che canta il suo amore a una donna, sposata per volere della famiglia a un altro uomo, che le dorme accanto “mentre t’astrigne ‘o sposo tujo vicino“, proprio mentre “sta voce che canta… dint’ ‘o core” le esprime tutto il suo tormento e la sua passione “tutt”o turmiento ‘e nu luntano ammore,
tutto l’ammmo’ ‘e nu turmiento antico“.
È inutile che lei si affacci, per vedere di chi è “sta voce“, perché è sempre “a stessa voce” e lei “nun può sbaglia’ ”
Nella realtà però il poeta, per la morte del marito ormai anziano, riesce a sposare la donna desiderata.
Ma questo non ha molta importanza perché, come si legge nel blog
Brigantino – il Portale del Sud” quella che ci resta è “una delle più belle canzoni dii tutti i tempi”.

Fernanda Zuppini

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Canestraro https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-di-napoli-o-canestraro/ https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-di-napoli-o-canestraro/#respond Wed, 02 Jun 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34586 Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Canestraro Nella toponomastica della città di Napoli sono rimasti molti nomi di strade , vicoli, vicoletti che rievocano antichi mestieri, come il Vico de’ Canestrari. Quello del canestraro è un mestiere antico che sta ormai scomparendo e le ceste di paglia vengono sostituite da quelle in plastica o da quelle di […]

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Canestraro

Nella toponomastica della città di Napoli sono rimasti molti nomi di strade , vicoli, vicoletti che rievocano
antichi mestieri, come il Vico de’ Canestrari.

CANESTRARO
Quello del canestraro è un mestiere antico che sta ormai scomparendo e le ceste di paglia vengono sostituite da quelle in plastica o da quelle di artigianato cinese.
Il canestraro di una volta girava per i vicoli della città, costruendo su ordinazione ceste e panieri e anche rivestimenti per fiaschi e damigiane.

no buona - CANESTRARO
Per le sue creazioni utilizzava lo stelo delle spighe raccolte dalle donne dopo la mietitura. Le ripuliva con un coltello affilato e le metteva a bagno per ammorbidirle e renderle flessibili, in modo da poterle piegare.
I cesti, costruiti da questi abili artigiani, avevano molteplici usi: come contenitori per la biancheria da stendere e da stirare, per portare al forno i biscotti da cuocere e per trasportare la frutta raccolta in campagna, per raccogliere l’uva durante la vendemmia e le olive dopo la bacchiatura o le castagne cadute a terra in autunno.

CANESTRARO
Questi contenitori accompagnavano la maggior parte delle attività domestiche e lavorative e costituivano un mezzo indispensabile per trasportare ogni tipo di merce.
E’ con un po’ di rimpianto che dobbiamo constatare la scomparsa di questi oggetti dalla vita quotidiana e assistere alla raccolta dei prodotti agricoli usando contenitori di plastica colorata.

CANESTRARO

Fernanda Zuppini

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘A Capera https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-capera/ https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-capera/#respond Tue, 01 Jun 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34575 Antichi Mestieri di Napoli: ‘A Capera Nell’elenco degli Antichi Mestieri, riportato da Giulio Mendozza, ‘a capera è definita come una figura caratteristica che pettinava con particolare maestria le donne che si affidavano alle sue cure. Il suo era un lavoro addirittura faticoso, tenendo conto delle abbondanti capigliature di una volta e delle trecce che venivano […]

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘A Capera

Nell’elenco degli Antichi Mestieri, riportato da Giulio Mendozza, ‘a capera è definita come una figura caratteristica
che pettinava con particolare maestria le donne che si affidavano alle sue cure. Il suo era un lavoro addirittura faticoso, tenendo conto delle abbondanti capigliature di una volta e delle trecce che venivano raccolte nei famosi tuppi.

CAPERA
La capera girava di casa in casa e possedeva, oltre all’abilita nell’acconciare le donne, un’altra caratteristica che la rese famosa: il raccontare fatti altrui, spesso con aneddoti piccanti. Era la pettegola del quartiere per antonomasia e andava in giro raccontando quelle che avrebbero dovuto essere notizie segrete.
Anche in Aneddoti Cultura e Tradizione Napoletana la capera viene descritta nella sua duplice attività di pettinatrice e informatrice.
Da un lato, si parla di lei come una abile creatrice di appariscenti pettinature e tagli all’ultima moda, in grado di dare anche consigli per il trucco.

CAPERA

Vengono anche elencati i suoi strumenti di lavoro: forbici e pettini, forcine di osso e di tartaruga e delle
pinze che, scaldate, servivano a ondulare i capelli.
Dall’altro, viene evidenziato quell’aspetto particolare del suo lavoro che consisteva nell’intrattenere le clienti con pettegolezzi raccolti qua e là e per questo era considerata la pettegola del quartiere.

Fernanda Zuppini

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Gallettaro https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-di-napoli-o-gallettaro/ https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-di-napoli-o-gallettaro/#respond Sun, 30 May 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=35789 Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Gallettaro Quello del Gallettaro era un tipico mestiere della zona di Napoli e dintorni, praticato anticamente soprattutto nello stabiese, come documentano gli storici delle Tradizioni Popolari. ‘O Gallettaro si aggirava specialmente nelle zone in cui si trovavano dei Cantieri navali, dove vendeva il suo prodotto a tutti gli operai che, […]

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Gallettaro

Quello del Gallettaro era un tipico mestiere della zona di Napoli e dintorni, praticato anticamente soprattutto nello stabiese, come documentano gli storici delle Tradizioni Popolari.
‘O Gallettaro si aggirava specialmente nelle zone in cui si trovavano dei Cantieri navali, dove vendeva il suo prodotto a tutti gli operai che, non potendosi permettere cibi più costosi, si rifornivano da questo ambulante.
Nel sito “Napoligrafia“, la Galleta viene definita come un biscotto che veniva preparato infornando l’impasto di farina e acqua, senza lievito e sale, per un tempo doppio rispetto a quello necessario per il pane, in modo da eliminare ogni traccia di umidità ed evitare che ammuffisca. Questo procedimento, oltre ad allungare i tempi di conservazione, rendeva anche la galletta molto dura. Per questo motivo, prima di essere consumata, veniva ammollata in acqua di mare (una volta sicuramente meno inquinata) che riusciva anche ad aggiungere quella quantità di sale di cui era priva.
La Galletta, chiamata anche biscotto di mare, perché apprezzata e consumata già in epoca remota dai marinai, fu senz’altro prodotta con lo scopo di approvvigionare i velieri ed i mercantili per le lunghe traversate marittime. Un documento angioino, risalente al 1283, relativo a una commissione di gallette per l’armata attesta l’antico nobile utilizzo di tal biscotto.
Le gallette del marinaio fanno anche parte della tradizione genovese (con la variante dell’aggiunta di lievito di birra all’impasto). Sono il pane che i marinai si portavano sulle barche quando si assentavano più giorni per andare a pesca (come si legge in un blog sulle antiche tradizioni liguri). La loro principale caratteristica era infatti quella di mantenersi a lungo inalterate.
Il termine “Gallettaro” può anche venire usato in senso metaforico.
Secondo la linguista Lucia Verticelli questo vocabolo deriva da accacciare la galletta e ingallettarsi, metaforicamente significa prendersi troppo sul serio, avere sempre bisogno di approvazione, mancare di ironia e di spirito di autocritica, avere scarsa fiducia in se stessi, risentirsi delle critiche.

Fernanda Zuppini

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Le città della Magna Grecia: Elea (Velia) https://www.napoliflash24.it/le-citta-della-magna-grecia-elea/ https://www.napoliflash24.it/le-citta-della-magna-grecia-elea/#respond Sat, 29 May 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34637 Le città della Magna Grecia: Elea (Velia) Diventata Velia in età romana, Elea è un’antica colonia greca di cui oggi rimane solo l’area archeologica, che corrisponde alla “Piana di Velia” nel comune di Ascea ed è situata, come Paestum, nel Parco Nazionale del Cilento. Patria dei filosofi Parmenide e Zenone, la fama di Elea è dovuta […]

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Le città della Magna Grecia: Elea (Velia)

Diventata Velia in età romana, Elea è un’antica colonia greca di cui oggi rimane solo l’area archeologica, che corrisponde alla “Piana di Velia” nel comune di Ascea ed è situata, come Paestum, nel Parco Nazionale del
Cilento.

Patria dei filosofi Parmenide e Zenone, la fama di Elea è dovuta soprattutto alla scuola filosofica presocratica, denominata Scuola Eleatica.
L’origine della città risale alla seconda metà del VI sec. a.C., ad opera di un gruppo di esuli Focei fuggiti dalla Ionia, sulle coste dell’Asia Minore, per sfuggire alla pressione dei Persiani.
La città fu costruita su un promontorio situato tra punta Licosa e Palinuro, dopo che i Focei si erano scontrati con una coalizione di Etruschi e Cartaginesi.
Elea raggiunse il suo splendore nel V sec. a.C., per merito dei fiorenti commerci e di una buona amministrazione e, in particolare, per l’importanza culturale della Scuola Eleatica fondata da Parmenide.
Nel IV sec. a.C. , si unì alle città che si opponevano all’avanzata dei Lucani, che già avevano occupato la vicina
Paestum.

velia
Nei secoli III e II a.C., Elea ebbe buoni rapporti con Roma, sostenendola durante le Guerre Puniche.
Nell’88 a.C., diventò Municipio romano e prese il momento di Velia.
La sua fortuna durò fino a tutto il I sec. d.C. Poi, con la fine dell’età imperiale, gli abitanti superstiti dovettero rifugiarsi sull’acropoli per sfuggire al processo di impaludamento.
Nel Medioevo, Velia diventò un Feudo dei Sanseverino, che la donarono poi alla città di Napoli.
Gli scavi, iniziati solo verso la fine dell’800 lungo la ferrovia, nella zona di Ascea Marina, portarono alla luce l’Area portuale, l’Agorà, l’Acropoli, insieme alla parte greca.
Oggi la zona è stata inserita in un progetto cofinanziato dall’Unione Europea, per la valorizzazione del parco archeologico che fa parte del Parco Nazionale del Cilento, patrimonio dell’UNESCO.

Una piccola curiosità sull’origine del nome: i Focei che, dopo esser fuggiti dalle coste della Turchia, fondarono Elea nel VI sec. a.C., si servivano ancora dell’alfabeto greco arcaico e usavano il “digamma” ( Fau, pron. Vau ), una delle lettere cadute in disuso in epoca classica (il digamma si scrive come una F e si pronuncia come una V). Per i Focei, la città si chiamava “Vele” e, nelle successive trascrizioni, la V si trasformò in Y, per cui il nome diventò, prima “Yele“, poi “Ele‘” e infine “ELEA” che, secondo i glottologi, sarebbe stata una deformazione attica, non riscontrata prima di Platone (IV sec. a .C.), e quindi due secoli dopo la fondazione della città.

Fernanda Zuppini

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Le città della Magna Grecia: Cuma https://www.napoliflash24.it/le-citta-della-magna-grecia-cuma/ https://www.napoliflash24.it/le-citta-della-magna-grecia-cuma/#respond Fri, 28 May 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34632 Le città della Magna Grecia: Cuma Dell’antica e fiorente “polis“ greca, oggi rimane solo un sito archeologico. Fu la prima delle colonie greche d’occidente, fondata dagli Eubei di Calcide, intorno al 740 a.C. e fu anche la più settentrionale sul suolo italico. Il sito archeologico è situato nel territorio che comprende i comuni di Bacoli e […]

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Le città della Magna Grecia: Cuma

MAGNA GRECIA
Dell’antica e fiorente polis greca, oggi rimane solo un sito archeologico. Fu la prima delle colonie greche
d’occidente, fondata dagli Eubei di Calcide, intorno al 740 a.C. e fu anche la più settentrionale sul suolo italico.
Il sito archeologico è situato nel territorio che comprende i comuni di Bacoli e Pozzuoli, che corrisponde all’area vulcanica dei Campi Flegrei.
La città di Cuma occupava una zona particolarmente fertile, ai margini della Pianura Campana. Per questa sua caratteristica e per la favorevole posizione geografica del territorio, i Cumani dovettero difendere la propria terra dai continui attacchi degli Etruschi di Capua e delle popolazioni interne della Campania.
Dopo aver esteso il loro predominio su quasi tutto il litorale campano, i Cumani riuscirono a resistere per alcuni secoli alle aggressioni degli Etruschi e alla avanzata dei Campani che, nel 421 a.C. la conquistarono.
Cuma divenne poi alleata di Roma, a partire dalla II Guerra Punica.
Dopo il periodo di guerre civili che sconvolsero Roma, che si conclusero con la vittoria di Ottaviano, Cuma, come accadde a Napoli, diventò un luogo di quiete e di riposo, destinato agli “Otia” dell’aristocrazia romana.

Cuma

Nel Medioevo, divenne un importante centro cristiano, finché le scorrerie dei Saraceni le diedero il colpo di grazia e il luogo si trasformò in una palude.

Cuma fu la colonia della Magna Grecia che maggiormente contribuì a diffondere la cultura greca in Italia.
Legato a Cuma è il mito della Sibilla Cumana, colei che, come la Pizia greca, dava gli Oracoli agli uomini.
Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, racconta della predizione fatta ad Enea dalla Sibilla sul suo futuro di capostipite della Gens Romana.

Fernanda Zuppini

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Oj Mari’ (Maria Marì): le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-commentate-unamica-piemontese/ https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-commentate-unamica-piemontese/#respond Thu, 27 May 2021 19:00:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=35778 Oj Mari’ (Maria Marì): le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese Oj Mari’ (Maria Marì) Una bella canzone d’amore, che appartiene al cosiddetto periodo d’oro della Canzone Napoletana Classica. Oj Mari’, conosciuta anche come Maria Mari’, composta da Vincenzo Russo e musicata da Eduardo di Capua, fu pubblicata nel 1899, nel […]

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Oj Mari’ (Maria Marì): le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese

Oj Mari’ (Maria Marì)
Una bella canzone d’amore, che appartiene al cosiddetto periodo d’oro della Canzone Napoletana Classica.
Oj Mari’, conosciuta anche come Maria Mari’, composta da Vincenzo Russo e musicata da Eduardo di Capua, fu pubblicata nel 1899, nel periodo in cui nacquero, a detta della critica, le più belle canzoni e i più grandi poeti e musicisti napoletani, senza voler togliere il merito a quelli che vennero in seguito.
Le canzoni, composte tra la metà dell’ ‘800 e i primi del ‘900, sono diventate col tempo classiche e ancor oggi, a distanza di un secolo, sono nel repertorio dei più grandi cantanti e vengono apprezzate in tutto il mondo.
Ognuna di queste canzoni (come si legge in un Blog sulla Canzone napoletana) costituisce una storia, la storia di chi l’ha scritta, di chi l’ha musicata, di chi l’ha cantata, quando, come e perché.
Sono storie a volte allegre, a volte amare, a volte sembrano quasi un romanzo, ma in ognuna di esse vive l’anima partenopea e quel l’atmosfera di Piedigrotta e dei primi Festival di Napoli: i motivi, le parole, le melodie, tutte cose che ormai sono passate e fanno parte della Storia della Tradizione e della Cultura autentica e genuina di questa città tanto amata, non solo dai napoletani.
Gli autori di Oj Mari’ sono anch’essi parte di questa storia e dalla loro collaborazione sono nati pezzi indimenticabili come questa canzone, e quel capolavoro di I’ te vurria vasa’, entrate di diritto nel repertorio di cantanti lirici come Luciano Pavarotti.

image1

Vincenzo Russo, il poeta morto a soli 28 anni, visse poveramente e in precarie condizioni di salute, ma ebbe il tempo di lasciarci alcune tra le più significative canzoni definite classiche.
La tubercolosi che si aggravava e la difficoltà che aveva a respirare, tra asma e tosse, gli impedivano di dormire e lui trascorreva le notti a scrivere poesie.
Le sue prime canzoni non ebbero fortuna, ma l’incontro con il già affermato musicista Eduardo Di Capua, autore dello strepitoso successo O Sole mio, di dieci anni più vecchio di lui, fu per il giovane e timido Vincenzo Russo l’occasione propizia.
Di Capua, venuto a sapere che Vincenzo era un poeta, un giorno gli chiese di fargli leggere alcune delle sue cose e rimase colpito dai versi di quella che poi diventò Oj Mari’:
Ara´pete fenesta, famme affaccia’ ‘a Maria
ca stango ‘mmiezz’a via, speruto d’ ‘a vede’…
Vincenzo Russo aveva allora 23 anni e, come scrive Marcello de Sanctis nel blog Insubra critica: forse si era innamorato, da lontano, di una ragazza che si chiamava appunto Maria e che si affacciava ad un balcone di fronte al suo posto di lavoro…
Oj Mari’ (o Maria Marì) fu pubblicata nel 1899 ed ebbe un notevole successo, e diventò una di quelle canzoni che facevano sognare gli innamorati di ogni luogo e di ogni tempo…

Fernanda Zuppini

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Siggiaro, ‘A Impagliasegge, ‘O Masterascio https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-siggiaro-impagliasegge-masterascio/ https://www.napoliflash24.it/antichi-mestieri-napoli-siggiaro-impagliasegge-masterascio/#respond Wed, 26 May 2021 16:59:00 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34581 Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Siggiaro, ‘A Impagliasegge, ‘O Masterascio Nella sua analisi sugli antichi mestieri, Giulio Mendozza cita tre mestieri che, seppure diversi, sono tra loro collegati: ‘O Siggiaro Colui che costruisce tutti i tipi di sedie, sedioloni (siggiune), sedie anticate e anche giocattoli di legno. ‘O Acconciasegge Che riparava le sedie per la […]

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Antichi Mestieri di Napoli: ‘O Siggiaro, ‘A Impagliasegge, ‘O Masterascio

Nella sua analisi sugli antichi mestieri, Giulio Mendozza cita tre mestieri che, seppure diversi, sono tra loro collegati:

‘O Siggiaro
Colui che costruisce tutti i tipi di sedie, sedioloni (siggiune), sedie anticate e anche giocattoli di legno.

‘O Acconciasegge
Che riparava le sedie per la parte falegnameria.

impagliasedie

‘A Impagliasegge
Si trattava, per lo più, di una donna che girava per i vicoli della città, con un fascio di paglia in spalla, richiamando
l’attenzione al grido di “. ” ” “impagliasegge!!!”.
Il suo lavoro consisteva nel riparare vecchie sedie impagliate e, quando il danno non era grave, riusciva a rimediare con i suoi attrezzi, altrimenti, come riporta la rubrica Napoligrafia , si rivolgeva al masterascio, che rinforzava la struttura della sedia.
Sempre secondo questa fonte, il connubio tra impagliasegge e masterascio era così frequente che spesso i due si sposavano e realizzavano una piccola impresa familiare, specializzata nel riparare sedie.

impagliasedie

‘O masterascio
Corrispondeva al falegname.
Il termine masterascio significava letteralmente maestro d’ascia e indicava colui che utilizzava un’ascia per lavorare tronchi di legno, con cui costruiva o riparava barche.
Con il tempo, il termine estese il suo significato, fino a diventare un vero e proprio sinonimo di falegname.
Tra i mestieri esercitati dagli artigiani del legno, si svilupparono poi altre categorie sempre più specializzate di professionisti, come gli Ebanisti, i Liutai, i Bottai e i Casciamuortari (costruttori di casse da morto).

Fernanda Zuppini

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Le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese: “Piscatore ‘e Pusilleco” https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-e-commentate-da-unamica-piemontese-7/ https://www.napoliflash24.it/le-piu-belle-canzoni-napoletane-scelte-e-commentate-da-unamica-piemontese-7/#respond Tue, 25 May 2021 16:58:56 +0000 http://www.napoliflash24.it/?p=34654 Le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese: “Piscatore ‘e Pusilleco” È una canzone classica, definita dalla critica ottocentesca, anche se scritta nel 1925. In un link (www.ifilmati.eu) si legge: il vecchio mondo dei pescatori di Posillipo, in una Napoli solare e libera dall’oppressione della tecnologia… era ormai finito per sempre, eppure […]

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Le più belle canzoni napoletane, scelte e commentate da un’amica piemontese: “Piscatore ‘e Pusilleco”

È una canzone classica, definita dalla critica ottocentesca, anche se scritta nel 1925.
In un link (www.ifilmati.eu) si legge: il vecchio mondo dei pescatori di Posillipo, in una Napoli solare e libera dall’oppressione della tecnologia… era ormai finito per sempre, eppure due grandissimi artisti napoletani seppero fare il miracolo di ricreare, forse per l’ultima volta, l’atmosfera magica e struggente di un tempo. Erano Ernesto Murolo (stimato uno dei più grandi poeti napoletani di sempre) ed Ernesto Tagliaferri (considerato uno dei più grandi compositori, anche se non conosceva neppure una nota musicale).
Piscatore ‘e stu mare ‘e Pusilleco
ch’ogni notte mme siente canta’,
piscato’, sti parole so’ lacreme
per Maria ca luntano mme sta !
Dorme ‘ o mare…Voca, Voca …
Tutt’e’ pace attuorno a me…
Ma pecche’,
ma pecche’ mm’he´ lassato
mentr’io moro , stanotte pe’ te’!? 
La melodia di questa canzone ci culla dolcemente su questo mare che, ogni notte sente le accorate parole del pescatore per la sua Maria che l’ha lasciato.
Questa canzone fu inserita in uno spettacolo musicale, dal titolo Storia di un Magia, interpretato da I Girovaghi dell’Arte, un gruppo di giovani artisti napoletani, che riproposero, in chiave musicale, una delle più antiche e sentite Feste di Napoli, quella di Piedigrotta che, secondo la tradizione, risale al sec. XIII, anche se, col passare del tempo, ha perso lentamente il valore popolare da cui nasceva, per spegnersi inevitabilmente con l’avvento del progresso.
Questo brano, nato dalla collaborazione (durata 16 anni) tra Tagliaferri e Murolo, diventato un classico della canzone napoletana, fu interpretato anche da grandi tenori come Tito Schipa che ne fece una versione diventata molto popolare.
Da questo testo fu tratto, nel 1954, il film omonimo, diretto da Giorgio Capitani e interpretato da Giacomo Rondinella, un cantante sulla cresta dell’onda in quegli anni.
La pellicola narra la vicenda di Salvatore, giovane e onesto pescatore, dotato di una bella voce. Quando le barche dei pescatori vennero sequestrate, per una causa intentata da un ricco commendatore, il giovane fu scritturato in una compagnia di rivista, mentre la sua fidanzata, insidiata dall’amante della sorella, è costretta anche lei ad allontanarsi. Ma la storia si concluderà con il solito lieto fine e il ritorno di Maria: fra sti bbraccia Maria vo’ turna’…
Questo film, che servì a Giacomo Rondinella come lancio nel mondo della canzone, fu definito dalla critica soltanto un veicolo cinematografico per le potenzialità canore del protagonista, in quel momento all’apice del successo.

Il brano musicale fu invece destinato a un duraturo successo e fu eseguito dai più famosi cantanti napoletani e non, da Sergio Bruni a Roberto Murolo, a Claudio Villa,  Massimo Ranieri a Nino D’angelo, da Luciano Pavarotti a Andrea Bocelli.
La propongo qui, in una versione a ritmo di Valzer lento, interpretata da Nino D’Angelo e poi in quella più tradizionale di Giacomo Rondinella.

Fernanda Zuppini

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